Roma, 16 ottobre (EFE). Il commercio del territorio italiano abitato da coloni greci, chiamato Magna Gracia, è stato rivelato oggi dal Ministero della Cultura italiano.
Si tratta di 22 eccellenti contenitori di ceramica e trasporto provenienti dalla regione di Corinto, che facevano parte del carico naufragato e sono stati allestiti con l’aiuto di un sottomarino telecomandato (veicolo a lunga percorrenza) e dotati di apparecchiature ad alta tecnologia.
“Recenti studi del National Supervisor for Underwater Cultural Heritage, scoperti a una profondità di 780 metri nel Canale dell’Ontario nel 2019, hanno gettato nuova luce sull’alba della Magna Gracia”, spiega sul suo sito web.
I frammenti trovati nel relitto della nave si trovano nella struttura di un gasdotto che porterà il gas dall’Azerbaigian in Italia nel 2018, che è “un’invenzione unica del genere”, celebrata dal ministro della Cultura, Tario Francisini.
Il supervisore e archeologo sottomarino Barbara David ha spiegato: “Le tecniche comunemente utilizzate nella costruzione della pratica sottomarina industriale, sotto l’attento controllo degli archeologi supervisori, hanno permesso di portare la superficie del carico. La prima nave scoperta nel Il mare Adriatico è del VII secolo a.C.
“Questa scoperta ci fornisce un dato storico che descrive le fasi primitive del commercio mediterraneo all’alba della Magna Gracia, meno documentate da scoperte subacquee, e il movimento scorre attraverso il letto del Mediterraneo”, ha affermato il direttore del museo. Massimo Osanna ha visitato il Laboratorio di Restauro del Soprintendente Nazionale per i Beni Culturali Subacquei.
La Magna Gracia copre la parte meridionale dell’Italia, dove i greci svilupparono città famose per la loro ricchezza e cultura, come Regio, Napoli o Siracusa.
“È una merce che illumina le prime fasi del colonialismo greco nel sud Italia, grazie alla notevole dose di sicurezza che ci permette di capire cosa portano: non solo cibo come le olive, ma anche bicchieri di vino.
Il Ministero dei Beni Culturali prevede di recuperare l’intera nave di circa 200 pezzi inviati e sottoposti a due analisi archeologiche di materiali e archeologia sul recupero di resti organici e vegetali. Resti di noccioli di olivo riempiono molte ceramiche recuperate, molto simili a quelle dell’ambra corinzia.
“Come Paese circondato dal mare, abbiamo un ricco patrimonio culturale che deve essere ulteriormente studiato, preservato e valutato. Le recenti indagini del Canale di Otondo confermano che si tratta di un patrimonio molto ricco, non solo nei nostri mari, ma anche nella nostra storia”, ha detto il ministro.
(C) Società EFE
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