Al poeta Antonio Braina è bastato un primo sguardo al “Patio del Cabanyal” per capire che si trattava dell’opera preferita di Sorolla. È andato al Palais des Communications, il vecchio ufficio postale, dove puoi vedere l’opera nella mostra “De la foscor a la llum”. Lì, mentre stava valutando la collezione Lladró che la Generalitat aveva acquisito, si è imbattuto in questo pezzo di un artista valenciano e non ha dovuto più pensare. Il poeta ha pensato più e più volte al dipinto. Perché questo olio e non un altro?
Una conversazione con Briana rivela diversi motivi per avvicinare lunedì l’umile patio valenciano di Sorolla, che l’artista ha elevato a livello mondiale. E questo fine, secondo il poeta, è raggiunto “da ciò che è autentico, che è il luogo dov’è la verità”, che in questo caso Sorolla raffigura essendo racchiuso nella “grandezza del piccolo”. Il genio dell’artista è riuscito a trasformare cose semplici in cose enormi. O forse è il caso di dire che ha il dono straordinario di saper ritrarre l’intangibile. In questo caso “l’umiltà è la virtù della virtù”.
specialista. Antonio Brian. Un poeta
Questo “Patio del Cabanyal”, così piccolo e così grande allo stesso tempo, è ricco di contenuti che affascinano Antonio Braina, guida di questo percorso artistico che, oltre a riflettere e commentare il messaggio veicolato dall’opera, ne racconta un altro dei vantaggi della pittura che attira la tua attenzione. Brian ha visto questo dipinto a olio come un ottimo modo per catturare “lo spazio da diverse prospettive”. Si imbatte in una pratica artistica che porta il poeta a parlare di Sorolla come “in anticipo sui tempi”, di un innovatore che pone lo spettatore di fronte a un pezzo “pre-cubista per il modo in cui cavalca nello spazio”.
Brianna ha visto di più finora. Guardò il dipinto non solo con interesse. anche con devozione, con un saper guardare, che si traduce in un saper amare tanto da spingerlo ad accentuare le pennellate sciolte del “Patio del Cabanyal”, un tempo più fini e appiccicose, che spoglia Sorolla “facendolo istintivamente portato via”. È pura emozione, sconfinato spirito creativo che cattura quei tradizionali paesaggi valenciani “in un luogo non pianificato, in un momento inaspettato”.
Il pezzo lo affascina perché scopre che tra i confini della cornice “c’è molto Valencia” che trasmette “gioia e vitalità”. Sono le parole di un poeta, di uno così dedito a coniugare lettere ed emozioni nella sua dedizione a una pratica creativa che ora si allontana per concentrarsi su quella dell’artista immortale.
Stando davanti a questo cortile, ha ottenuto quello che potrebbe essere il materiale per una poesia, perché un’emozione pittorica è anche un’emozione poetica. Brian non osa rispondere di sì alla possibilità di dedicare dei versi a una scena di El Cabanel. Non è escluso. Indica persino che il Valencia avrà spazio nel suo prossimo atto.
Il poeta, giunto un tempo in queste terre da Granada, bevve la stessa luce che Sorolla aveva dipinto per anni e così si unì a lui che la guida che oggi accompagna le province di LAS ammette che “fraternizzava con il pittore”.
Versi, pennelli, poesie e dipinti ad olio si stringono la mano davanti al “Patio del Cabanyal”, uno dei pezzi premiati con “Labradora valenciana” e “Io sono il pane della vita” alla collezione Lladró acquisita dalla Generalitat valenciana L’incommensurabile valore e profondità dei sentimenti emanati dall’opera del maestro universale della luce.
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