venerdì, Novembre 15, 2024

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Italia ordina emergenza migranti per sei mesi | Internazionale

Martedì pomeriggio il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza nel Paese per far fronte alla crisi migratoria. Con un solo precedente in questo caso, le conseguenze dell’azione non sono ancora chiare, poiché l’esecutivo non ha spiegato il suo scopo o dettagliato i suoi piani. L’annuncio ha un chiaro elemento di monito per Bruxelles e le altre parti sociali, una questione che l’Italia ritiene non essere stata risolta collettivamente. È anche chiaro che la decisione apre una scappatoia legale per abrogare le norme vigenti e prendere decisioni che, per vari motivi, il governo italiano di estrema destra guidato da Giorgia Meloni, leader dei Fratelli, non ha messo sul tavolo. . Soprattutto in relazione all’espulsione di migranti in situazioni irregolari.

L’Italia ha dichiarato lo stato di emergenza 128 volte negli ultimi 20 anni. È comunemente usato per disastri naturali come terremoti o inondazioni. Nel 2011 l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi scelse questa risorsa per questo tipo di problematiche, ma ne sottolineò il carattere “umanitario” e con l’idea di fondo di ridistribuire i migranti sul territorio nazionale alleggerì la pressione su alcune regioni. ha risentito dell’aumento degli afflussi via mare. L’ultima volta che è stata utilizzata questa figura giuridica, che consente di prendere decisioni eccezionali senza consultare il Parlamento, è stato durante la pandemia. Con il passare dei mesi la mossa era già ampiamente dibattuta e in alcuni casi il pubblico ha continuato a imporre restrizioni concorrenti. Sembra più complicato giustificare che ora Maloney sia l’esecutivo: era uno degli aggressori che all’epoca rispose all’estensione dello stato di emergenza. utensili.

Il problema è che il governo è venuto a Palazzo Sigi promettendo di affrontare il fenomeno migranti con fermezza e severità. Uno dei principali cavalli di battaglia della campagna dello scorso settembre è stata la critica alle precedenti amministrazioni per come hanno gestito la questione. Ma da allora, nonostante le promesse elettorali, i flussi migratori sono triplicati. Il quadro non promette bene per gli elettori della Meloni: i media italiani riportano che più di 3.000 persone sono sbarcate sulle spiagge italiane negli ultimi tre giorni; Anche i negoziati con l’Unione Europea non hanno dato i risultati sperati. La gestione dei disastri per disastri come il naufragio al largo della Calabria dello scorso febbraio (91 vittime) non ha trasmesso un senso di credibilità da parte dell’amministrazione.

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Su proposta del ministro della Protezione civile e delle politiche marittime, Nello Musumesi, il governo dichiara ora lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale. In teoria, sottolinea il promotore della mossa, l’obiettivo è contrastare l’aumento degli arrivi marittimi attraverso il Mediterraneo. Lo stato di emergenza è il primo lotto di cinque milioni di euro e dura sei mesi. Numericamente, il momento in cui il governo crede di poter dominare una situazione che ha temporaneamente smesso di controllare. Il numero di arrivi in ​​Italia dall’inizio del 2023, infatti, è stato di 28.285, quasi quattro volte superiore ai 6.938 dello stesso periodo del 2022. La maggior parte di questi si è verificata a marzo (13.216) e 3.002 arrivi di migranti negli ultimi tre giorni vanno aggiunti al record di 1.389 di venerdì scorso. Tutti questi dati, secondo il governo Meloni, fanno pensare ad un indotto nelle prossime settimane, che non potrà essere superato senza misure straordinarie.

Lo stato di emergenza, secondo l’ordinamento italiano, può essere dichiarato solo per fronteggiare una calamità con mezzi e poteri straordinari: dalle crisi umane alle calamità naturali. Una legge esecutiva, insomma, è regolata dall’articolo 24 del codice della protezione civile, che deve essere discussa in Consiglio dei ministri su proposta del presidente del Consiglio, come avviene ora. Con la sua dichiarazione può essere nominato anche un commissario che deve rispettare gli obiettivi dell’azione: superare l’emergenza, ridurre i rischi causati dai rifiuti derivanti dal disastro, ripristinare i servizi essenziali e aiutare le persone che hanno subì le sue conseguenze. Emergenza in questione. Gli elementi, tutti quanti, sono in qualche modo rimossi dal momento presente.

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Filippo Miraglia, responsabile dell’immigrazione dell’Associazione Promozione Comunità Arci, ha sintetizzato così: “Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza per il numero di arrivi sulle nostre coste e confini terrestri. Ma né i numeri né le condizioni oggettive fanno pensare che ci sia un’emergenza, perché è stata dichiarata per l’arrivo di 30.000 migranti, nel 2015 ne abbiamo accolti 200.000, e nessuno ha pensato di dichiararlo.

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Lo stato di emergenza consentirà processi e azioni più attivi in ​​​​questa materia e fornirà soluzioni gradite agli immigrati in un breve periodo di tempo con gli standard necessari, ha sottolineato l’amministratore. Saranno inoltre coinvolti filtri esecutivi, protezione civile e Croce Rossa Italiana. Meloni ha fornito solo una breve spiegazione: “Abbiamo deciso di fornire risposte più efficaci e rapide alla gestione dei flussi”. Dal lato restrittivo, è possibile rafforzare le strutture ei sistemi per l’espulsione, l’identificazione e il rapido rimpatrio dei migranti senza diritto di asilo.

La maggior parte dei migranti provenienti da Costa d’Avorio, Guinea, Pakistan e Tunisia cerca asilo in Italia. Quasi sempre dagli stessi porti di partenza. “Il problema dell’Italia è che i Paesi che alimentano i traffici verso le sue coste sono simili a Stati falliti. In Libia e Tunisia non ci sono governi con cui negoziare e gli italiani si stanno preparando a future ondate”, affermano fonti diplomatiche europee. “Non è la prima volta che i governi fanno questi passi sotto pressione. È successo con la Grecia, in relazione all’offensiva ibrida della Turchia, e con la Lituania e la Polonia”, insistono le stesse fonti, in relazione alle tensioni prima dell’invasione russa dell’Ucraina.

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La mossa, ha spiegato Musumeci, “consente l’abrogazione di alcune disposizioni dell’attuale ordinamento” e “sarà nazionale”. L’iniziativa è un chiaro campanello d’allarme affinché Bruxelles raggiunga accordi con gli Stati membri per prendere decisioni comuni in materia. Musumesi ha infatti sottolineato che l’importante è che “l’Europa si renda conto che il tempo è poco”. Statistiche , in questo, gli dia ragione: dal 2013, nel Mediterraneo, sono morti circa 26.000 migranti (secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni).

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