Giovanni Motisi (Palermo, 1959) aveva solo 26 anni quando partecipò all’omicidio. Pepe Montana, che ha condotto una caccia ai gangster nella sua città natale in Sicilia. L’ordinanza contro questo poliziotto della Nucleo mobile di Palermo è stata emessa dal capo dei Corleonesi, Totte Rina, che ha affidato l’incarico al giovane Motici, suo sicario di fiducia e, ormai, un incarico importante per via della sua posizione nella mafia gerarchia. dell’isola. Dopotutto apparteneva a un’altra nota famiglia della criminalità organizzata guidata da suo zio: il clan Motisi.
Motisi, soprannominato ‘U Pacchiuni’ (‘Il Grasso’ in gergo palermitano), è attualmente l’uomo più ricercato d’Italia secondo la lista dei latitanti più pericolosi stilata dal Ministero dell’Interno, status che ha ottenuto dopo l’arresto di Matteo. Martedì scorso è morto Messina Tenaro, il leader di Cosa Nostra succeduto a Reina. Originario della Sicilia, questo sindacato della criminalità organizzata riunisce i clan più violenti e potenti della regione ed è noto per essersi diffuso in tutto il mondo. Motisi è il nome più sentito negli stagni dopo il capo dell’organizzazione, “Capo de Tutti KB” o capo di tutti i capi.
Il suo profilo mafioso è impeccabile: estorsioni, omicidi violenti e una vita che non lascia traccia. È considerato latitante dal 1993, quando fu condannato all’ergastolo per gli omicidi di Ninny Cassara, Roberto Antioquia e Nadal Mondo. Da quel momento scomparve senza lasciare traccia e si crede che viva come un fantasma. Nel 1998 è stato inserito nella lista recentemente citata per un altro omicidio e l’anno successivo nei suoi confronti è stato emesso un mandato di perquisizione internazionale. Quando i Carabinieri hanno perquisito la sua tenuta a Palermo, hanno trovato la corrispondenza con la moglie Caterina Pecora del 1999 e hanno datato alle stesse date l’ultima foto del suo aspetto che illustra questo profilo. Questa foto è stata scattata durante la festa di compleanno di sua figlia, dove non mancavano fiori e altri lussi, ma le pareti erano ricoperte di teli bianchi per rendere il luogo irriconoscibile. Fu solo anni dopo che le forze dell’ordine italiane confermarono che il luogo non era lontano dall’Università di Palermo.
L’indizio successivo riporta i suoi seguaci al 2004, quando viene nuovamente sospettato di nascondersi in Sicilia, precisamente ad Agrigento, nel sud-ovest dell’isola, sebbene la sua discrezione sia così estrema che altri leader mafiosi si chiedono se sia il suo mandato. Ancora attivo. Sua moglie Katerina, di fronte alla diserzione, convince questi leader a permettere loro di ufficializzare il divorzio. A questo punto è stato accusato di appartenere ad un’organizzazione criminale e autore di diversi attentati. Nel 2007 si sa che Gianni Nicci, un giovane boss della zona di Bagliarelli, cercò di comunicare con il fuggitivo, il che per molti respinse l’ipotesi della sua morte come troppo plausibile. C’è stata anche una parte di un’indagine italiana che lo ha ritrovato a Marsiglia nel 2010, anche se ci sono fonti che lo smentiscono. Dal 2016 Europol lo ha classificato Uno dei “latitanti più ricercati d’Europa”.
L’idea di Motisi come futuro leader solleva la questione della sopravvivenza del clan: sopravvivere seguendo lo stile sanguinario siciliano – ai tempi del sicario – oppure mantenendo un profilo basso e concentrandosi sugli affari, come ha fatto Messina Tenaro. Come nel caso di Todo Rina, Bernardo Provenzano e Tenaro, il suo nascondiglio non era lontano da casa sua. Queste tristi statistiche trovano un solo esito: il carcere o la morte. Tutte le bande lo sanno.
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