domenica, Settembre 29, 2024

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IA: I festival cinematografici non vogliono film realizzati da robot | un lavoro

Il Festival Internazionale del Cinema di San Sebastian, che sabato ha concluso la sua 72esima edizione, ha segnato il lancio di diverse produzioni che hanno fatto il loro debutto stagionale nel circuito dei premi. Tra questi c’è Goya, la cui edizione 2025 propone importanti novità. Gli accademici non vogliono che un robot raccolga la testa musicale per la migliore colonna sonora o la canzone originale e, per la prima volta, le regole del concorso richiedono che compositori e produttori garantiscano che la melodia non sia stata composta utilizzando l’intelligenza artificiale. È un precedente importante che riflette una preoccupazione crescente nell’industria cinematografica: i limiti etici e legali dell’intelligenza artificiale.

Nel dettaglio, le regole Goya 2025 rifiutano letteralmente l’uso dell’intelligenza artificiale come “mezzo generatore” per creare musica in competizione. Sebbene ci siano sfumature. David Fuentes, avvocato di Bird & Bird, analizza che queste condizioni non impediscono l’uso di questa tecnologia “semplicemente come strumento di supporto”. L’avvocato ritiene che sia possibile, intuitivamente, che una canzone migliorata sulla base di algoritmi vinca il premio, purché la persona che ha guidato la composizione sia una persona. In questo caso il risultato non può essere considerato opera di un robot, perché “la decisione creativa del sistema di intelligenza artificiale ne risentirebbe”, spiega Fuentes. Allo stesso modo, non bisogna dimenticare che si tratta di premi d’arte e, come spiegato, “l’arte è ciò che fa un artista, una persona”.

I creatori (sceneggiatori, registi, attori…) esplorano gli strumenti che hanno cambiato il loro lavoro per decenni. Ma come accogliere questa rivoluzione tecnologica quando è già possibile produrre solo pellicole sintetiche? Richieste O istruzioni? Ad esempio, “Fai un film su Romeo e Giulietta nello stile di Tarantino”.

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La questione apre da un lato un dibattito etico e dall’altro un dibattito giuridico. “C’è una sensibilità riguardo al posto che l’intelligenza artificiale dovrebbe occupare nel campo della creatività”, ammette Violeta Arnaiz, direttrice della proprietà intellettuale tecnologica presso Pons IP. In questo senso, l’esperto rileva una tendenza a vietare, con sfumature, le opere create dall’intelligenza artificiale sulla base di concorsi, concorsi o contratti per opere artistiche. Una sorta di istinto di sopravvivenza che ha mobilitato gli sceneggiatori di Hollywood lo scorso anno in un successo storico che ha inviato messaggi come L’intelligenza artificiale non ha anima (L’intelligenza artificiale non ha anima) o Non ci sono pagine senza salari equi (Non ci sono pagine senza salari equi).

Dal punto di vista giuridico, il dibattito sull’intelligenza artificiale nel cinema ruota intorno alla proprietà intellettuale, “il motore trainante del settore audiovisivo”, afferma Mabel Klimt, socio amministratore di Elsaboro. Un problema attuale è come mantenere il monopolio sulle imprese create dagli algoritmi. L’esperto spiega che ci sono due tendenze: mentre alcuni specialisti rifiutano la paternità dei robot perché la legge sulla proprietà intellettuale richiede l’intervento umano, altri ritengono che ai robot si possano concedere alcuni diritti. MotivatoriCioè a chi formula l’idea. Ma questa posizione contraddice la norma, che non riconosce questa sfumatura.

C’è invece chi punta il dito contro la possibilità di violare i diversi diritti delle migliaia di storie e opere che i robot divorano per apprendere e creare contenuti. Negli Stati Uniti sono già in corso battaglie legali sul copyright in questa direzione. Nel 2023, ad esempio, un gruppo di artisti ha intentato una causa contro tre aziende che utilizzano Stable Diffusion, l’intelligenza artificiale che genera immagini.

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“Il problema è che è difficile individuare quando l’intelligenza artificiale viene utilizzata, ad esempio, per creare testo e musica”, afferma Neria Sangwan, direttrice della cultura, dell’intrattenimento e dello sport di Andersen. Inoltre, esiste un certo vuoto normativo. Il nuovo regolamento europeo sull’IA richiede solo trasparenza, ad esempio, indicando la presenza di contenuti generati o manipolati artificialmente. Per questo motivo “i contratti con i creatori includono sempre più clausole che richiedono di sapere se gli strumenti sono stati utilizzati e che ciò sia legale”.

Il Ministero della Cultura già pone il veto all’assegnazione di opere realizzate interamente ed esclusivamente dall’intelligenza artificiale. In una guida pubblicata quest’anno, sottolinea che il suo utilizzo dovrebbe rispettare gli autori e, se opportuno, premiarli. Il bando 2024 per il sostegno alla produzione dell’ICAA (Istituto di Cinematografia e Arti Audiovisive) richiede garanzie sul rispetto delle norme sulla proprietà intellettuale.

Autori

I creatori, da parte loro, devono prendere decisioni. “Alcuni scelgono la restrizione e il controllo dei danni, mentre altri scelgono la sperimentazione”, spiega Mabel Klimt. Secondo l’esperto esistono già piattaforme che hanno contrattualmente vietato la consegna di materiali preparati dall’intelligenza artificiale.

Paco Torres, regista, produttore e amministratore delegato di Blend Studios, ritiene urgente regolamentare questa situazione e sostiene la necessità di creare un sistema di compensazione per gli autori. “Qualsiasi attività ricavata dalle reti deve generare commissioni”, afferma. Come direttore creativo di Lunaaran Media, ha sperimentato l’intelligenza artificiale, ad esempio, in una pubblicità di New Balance, ma ha chiarito che non commercializza contenuti artificiali. “Utilizziamo l’intelligenza artificiale perché dobbiamo comprenderla per avanzare come azienda ed è utile per le presentazioni e per visualizzare in anteprima i risultati.” Conclude che l’intelligenza artificiale consente agli innovatori con idee e poco capitale di realizzare i propri sogni, ma “questa non può essere la legge della giungla, gli esseri umani devono sempre avere il controllo”.

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I traduttori si tutelano

I professionisti del cinema stanno rivedendo attentamente i loro contratti per evitare che l’intelligenza artificiale li sostituisca in futuro. L’Unione degli attori e delle attrici ha pubblicato delle raccomandazioni affinché i suoi membri non accettino alcuna clausola di trasferimento dei diritti d’immagine che non sia correlata al film o alla serie che stanno girando. “La legislazione e l’accordo chiariscono già che non si tratta di un assegno in bianco”, spiegano dal sindacato. Hanno difeso che qualsiasi uso abusivo sarebbe invalido. Chiedono una regolamentazione basata sulla contrattazione collettiva, che senza criminalizzare il progresso tecnico “garantisce il diritti di tutti.”